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C&C - Rass. Stampa

IL MATTINO del 26 Febbraio 2005

Scritto il 26/02/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
VENEZIA Ieri a Venezia interrogati l’imprenditore e il chimico arrestati Salvagnin rivela le "alchimie" della ditta finita nella bufera. Il chimico del "mercante di rifiuti" Fabrizio Cappelletto e il famoso imprenditore che con gli scadenti conglomerati cementizi prodotti dalla C&C ha imbonito una tratta dell’Alta Velocità ad Arino di Dolo: 4 chilometri di binari finiti sotto sequestro e, probabilmente, da rifare, dal momento che sono a rischio cedimenti i rifiuti carichi di inquinanti "magicamente" trasformati in materiale edile da imbonimento solo cambiando loro nome. Ieri è toccato al trevigiano Alessandro Mussaco (chimico della Geolab) e al padovano Paolo Salvagnin (titolare dell’omonima ditta) essere interrogati dal gip Stefano Manduzio. I due uomini hanno accettato di rispondere alle domande del giudice che li ha fatti arrestare, su richiesta del pm Giorgio Gava, nell’ambito dell’inchiesta su un presunto traffico di rifiuti pericolosi, spudoratamente riutilizzati in opere pubbliche e di viabilità. Il giovane chimico ha spiegato che i bollettini con i risultati delle analisi corretti a penna, non erano frutto di contraffazioni, ma di test eseguiti in tempi diversi, con risultati diversi. L’imprenditore Salvagnin - molto noto per la sua attività - ha invece spiegato di essersi rivolto alla C&C perché per l’appalto delle Ferrovie aveva bisogno di una grande quantità di materiale: materiale in un primo momento ottimo, ma che, via via, era diventato sempre più scadente. Salvagnin ha sostenuto di aver rotto con Cappelletto. Quest’ultimo - secondo le indagini, le analisi e le intercettazioni ambientali effettuate dagli agenti del Corpo Forestale di Treviso - avrebbe fatto fior di milioni di euro trasformando tonnellate di rifiuti industriali in materiale edile, solo cambiando loro nome e accompagnandoli con analisi compiacenti, senza alcun percorso di inertizzazione, risparmiando persino su sabbia e cemento, elementi base per la trasformazione di ogni rifiuto (pulito) in materia prima. Gli investigatori hanno accertato che, nel 2003, la C&C ha realizzato 12.147 "impasti": per produrre gli agglomerati avrebbe dovuto mischiare ai rifiuti (non pericolosi, s’intende, mentre quelli che entravano nello stabilimento erano zeppi di inquinanti) 6 milioni di chili di cemento, mentre l’azienda ne acquistò solo 2 e mezzo. Ancora peggio per la sabbia: ne sarebbero serviti 3,6 milioni di chili, ne vennero comprati solo 29 mila. Nel 2004 - secondo le stime della Forestale - gli acquisti di cemento e sabbia furono inferiori alla metà del necessario. Con il risultato - osserva il giudice nella sua ordinanza di custodia - che il processo "non garantiva la formazione di materie prime, con caratteristiche di non pericolosità ambientale". [r.d.r.]

IL GAZZETTINO del 25 Febbraio 2005

Scritto il 25/02/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
VENEZIA Interrogatorio lampo ieri mattina per il principale indagato nell’inchiesta sul presunto traffico di rifiuti. Fabrizio Cappelletto , titolare della C&C di Mestre, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere di fronte al giudice per le indagini preliminari Stefano Manduzio, il magistrato che ha firmato l’ordinanza di custodia in base alla quale martedì è finito in carcere, e che ha disposto gli arresti domiciliari per altre sei persone. Il difensore dell’imprenditore, l’avvocato padovano Ferdinando Bonon, preferisce evidentemente studiare la documentazione dell’accusa prima di farlo parlare. Con molte probabilità, nei prossimi giorni verrà presentato un ricorso al Tribunale del riesame per ottenere la revoca del provvedimento. Dopo Cappelletto , è stata la volta di Sebastiano Lovison, 36 anni, di Piove di Sacco e Paolo Benà, 28, di Rovigo, della Living and Building srl, società che operato in alcuni cantieri nei quali la C&C ha inviato parte dei rifiuti finiti sotto accusa. I due indagati, assistiti rispettivamente dagli avvocati Roberto Turolla di Padova ed Antonio Cappellini, di Rovigo, hanno respinto le accuse, sostenendo di non aver mai avuto rapporti con la C&C, ma unicamente con la società che si era aggiudicata i lavori di quel tratto dell’Alta velocità ferroviaria, la Iconser, e di essersi limitati ad un lavoro di contabilità di cantiere. Il loro compito era soltanto di natura tecnica e non prevedeva alcun tipo di controllo sul tipo di materiali utilizzati, né sulla provenienze e legittimità del loro impiego. I due difensori hanno quindi chiesto al giudice la revoca della misura degli arresti domiciliari. L’interrogatorio di Luigi Garavini, di Forlimpopoli, e Loris Conti, di Rimini, è stata delegata per rogatoria ai magistrati bolognesi. Alessandro Musacco, 38 anni, il chimico di Susegana accusato di aver falsificato le analisi dei rifiuti e Paolo Salvagnin, 41 anni, di Padova, titolare della Autotrasporti padovani, verranno invece ascoltati dal gip Manduzio questa mattina. Nella corposa ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dei sette principali indagati, accusati dal pm Giorgio Gava di violazione della legge sui rifiuti (e alcuni di loro anche di aver costituito un’associazione finalizzata al traffico di rifiuti) figurano anche i nomi di altre 21 persone, i cui nomi sono finiti sul registro degli indagati perché in qualche modo hanno avuto a che fare con la C&C e i materiali pericolosi che sarebbero stati utilizzati illecitamente in alcuni cantieri per opere pubbliche, tra cui un cavalcavia a Padova e le opere dell’Alta velocità ad Arino di Dolo. Sono il legale rappresentante della C&C, Graziano Chiarentin, 47 anni, di Mira, l’ex legale rappresentante della società, Luciano Rossi, 56, Mestre, Julian Ioan, 31, di Este, Eddi Vindigni, 24, Mogliano Veneto (Treviso) e Christian Pradella, 24, Spinea (Venezia), tutti dipendenti della C&C; il chimico Giorgio Berto, 49 anni, di Selvazzano (Padova). Gli altri indagati sono tutti titolari di imprese che hanno operato in qualche modo con la C&C: Mauro Carretta, 62 anni, di Modena, Roberto Bani, 49, Cesenatico, Marino Tiso, 56, Mira, Maurizio Trentin, 50, Vicenza, Giovanni Rosti, 42, Brescia, Marco Andreasi, 74, Mira. E ancora, Emilio De Seta e Armando Marcelletti, 59 anni, di Cosenza, Graziano Battistello, 52, di Gorgo al Monticano (Treviso), Flavio Bragato, 43 anni, di Ceggia (Venezia), Maria Avanzi, 69 anni, e Giorgio Galeazzi, 42, di Mantova, Paolo Bastianello, 37, di Preganziol (Treviso) e Masimiliano Spadoni, 34 di Pesaro. Il loro ruolo, secondo la procura, sarebbe più defilato, e ora spetterà al prosieguo delle indagini, affidate alla Guardia Forestale, il compito di accertare la legittimità dei loro comportamenti e l’eventuale consapevolezza di commettere un reato attraverso il trattamento dei rifiuti finiti sotto accusa. [Gianluca Amadori]

IL GAZZETTINO del 25 Febbraio 2005

Scritto il 25/02/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PERNUMIA Si allunga l’elenco degli indagati nell’inchiesta sul traffico di rifiuti che martedì ha portato all’arresto di sette persone. In totale sono ventuno gli altri nomi finiti nel mirino della magistratura per aver avuto in qualche modo a che fare con la ditta C&C e i materiali che sarebbero stati utilizzati illecitamente in alcuni cantieri di opere pubbliche. Tra questi due padovani: Julian Ioan, 31 anni, di Este, dipendente della C&C, e il chimico Giorgio Berto, 49 anni, di Selvazzano. Ieri, in via San Luigi a Monselice, si sono trovati undici dipendenti della C&C di Pernumia , sede staccata dell’azienda coivolta nell’inchiesta della Guardia di Finanza sul traffico e il riciclaggio illecito di rifiuti. A Rossano Ranci, segretario provinciale della Fillea-Cgil, hanno raccontato le loro storie. «La situazione pesante. Alle istituzioni chiederemo che vengano applicati in prima battura gli ammortizzatori sociali - ha detto il sindacalista - e poi intendiamo fare un quadro dettagliato di tutte le persone che a vario titolo sono entrate nell’azienda di Pernumia della quale è titolare Cappelletto. Tutti i lavoratori corrono grossi rischi sotto il profilo della salute. Infatti venivano lavorati materiali altamente tossici nonostante i rassicuranti cartelli presenti all’interno dell’azienda che indicavano la presenza di materiale inerte senza problemi». Ranci ha focalizzato l’attenzione sulla violazione totale dei diritti dei lavoratori. «I dipendenti vivevano sotto pressione: i tre italiani erano assunti con contratti a termine e gli otto stranieri minacciati di non veder rinnovato il permesso di soggiorno. È grave che Regione e Provincia non abbiano effettuato controlli su quanto avveniva all’interno dell’azienda». «La Provincia - ribatte l’assessore provinciale all’Ambiente Roberto Marcato - a differenza di quanto può sostenere a livello locale qualcuno che cerca di strumentalizzare la situazione in vista delle elezioni, ha fatto tutto quello che era previsto dalla legge». La replica di Marcato è diretta in particolare al sindaco di Pernumia , Lucio Conforto, il quale aveva accusato Palazzo Santo Stefano di non aver fornito i dati sulle autorizzazioni alla C&C. «Qualcuno sa bene che i dati richiesti dal comune di Pernumia non sono stati forniti perché c’era un indagine della magistratura veneziana. Pertanto vigeva l’obbligo del segreto istruttorio». Marcato contrattacca ancora. «Rispetto alla C&C, abbiamo ricevuto i sindaci e una delegazione del comitato e abbiamo interagito in maniera efficace con l’Arpav. Il 3 febbraio la Provincia ha emesso un’ordinanza di blocco dell’attività. Poi è intervenuta la magistratura». La vicenda della C&C sta per approdare anche alla Camera dei Deputati. L’onorevole Piero Ruzzante, Ds, ha presentato un’interrogazione ai ministri dell’Ambiente, della Salute e dell’Interno per conoscere se il governo sia al corrente di quanto è successo nelle zone tra Padova e Venezia e della violazione delle norme sui rifiuti. «Il ministero dell’Interno dovrebbe verificare - chiede tra l’altro Ruzzante - eventuali omissioni di controllo della Provincia di Padova». «Il governo - conclude - Viste le ingenti spese che comporterà la bonifica dei quattro siti interessati dal materiale inquinante, dovrebbe intervenire finanziando almeno in parte l’operazione che dovrà essere realizzata dalle amministrazioni locali». [Orfeo Meneghetti]

IL GAZZETTINO del 25 Febbraio 2005

Scritto il 25/02/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PIOVE DI SACCO. È stato sentito ieri dal giudice delle indagini preliminari di Venezia Stefano Manduzio il geometra Sebastiano Lovison, finito agli arresti domiciliari insieme all’imprenditore Paolo Salvagnin, 42 anni, di Brugine, nell’ambito dell’inchiesta sul presunto traffico di rifiuti contestato al titolare della C&C, Fabrizio Cappelletto. Lovison, 36 anni, abita a Concadalbero, frazione di Correzzola, in via Frappiero. Lavora per la Living and Building srl di Vigonza. Al magistrato, Lovison, che è difeso dall’avvocato Roberto Turolla di Padova, avrebbe spiegato la sua assoluta estraneità rispetto all’accusa di aver movimentato i rifiuti tossici. Avrebbe sostenuto di non aver mai avuto rapporti con la C&C ma solo con la Iconser, la società che si era aggiudicata i lavori del tratto dell’Alta velocità ferroviaria. Ha spiegato al magistrato che il suo era un lavoro di natura esclusivamente tecnica e che nulla c’entrava con il controllo sui materiali utilizzati. Sarà invece ascoltato dal gip Manduzio stamattina Paolo Salvagnin, titolare dell’omonima società che si occupa da decenni di scavi, trasporto terra e lavori stradali e della Autotrasporti Padovani. La ditta è stata impegnata nella realizzazione di un tratto della ferrovia Mestre-Dolo. A coordinare l’inchiesta sui rifiuti è il sostituto procuratore Giorgio Gava, che ha contestato agli indagati la violazione della legge sui rifiuti e, ad alcuni di loro, anche la costituzione di vera e propria organizzazione. Ieri è stato interrogato anche il principale indagato, Fabrizio Cappelletto, titolare della C&C di Mestre, con sede distaccata a Pernumia . È difeso dall’avvocato Ferdinando Bonon. Davanti al gip ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. [G.P.]

IL GAZZETTINO del 25 Febbraio 2005

Scritto il 25/02/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PERNUMIA Ci sono altri due indagati padovani nell’inchiesta sul traffico di rifiuti che martedì ha portato all’arresto di sette persone. Sono Julian Ioan, 31 anni, di Este, dipendente della C&C, e il chimico Giorgio Berto, 49 anni, di Selvazzano. Ieri, a Venezia, è stato interrogato il geometra Sebastiano Lovison, 36 anni, di Correzzola, della Living and Building srl, agli arresti domiciliari. Difeso dall’avvocato Roberto Turolla, ha respinto le accuse sostenendo di non aver mai avuto rapporto con la C&C, l’azienda di Fabrizio Cappelletto, il principale indagato. Oggi il gip Stefano Manduzio sentirà l’imprenditore Paolo Salvagnin, 42 anni, di Brugine, anch’egli ai domiciliari. Sale la preoccupazione tra i dipendenti della C&C di Pernumia , che ieri si sono incontrati con i sindacati. Sulla vicenda, intanto, l’onorevole diessino Piero Ruzzante ha presentato un’interrogazione.